Fonte: @nmvioggi | leggi l’articolo originale (>>)
Riflettori accesi sulla registrazione dei farmaci “naturali”. Tariffe troppo costose per regolarizzare i prodotti. Il 10 settembre l’Agenzia Italiana del Farmaco ha invitato – alla presenza del Ministero della Salute, del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Istituto Superiore di Sanità – le Aziende titolari di medicinali omeopatici e le Associazioni di settore (Omeoimprese, APO, FIAMO, SIMA e SIOMI) perpresentare il calendario per le domande diregolarizzazione dei medicinali omeopatici in commercio.
Tutti i medicinali omeopatici attualmente sul mercato godono infatti di un’autorizzazione ope legis, la cui scadenza è fissata al 31 dicembre 2015. A partire dal primo gennaio 2016 solo i medicinali omeopatici in possesso di un numero di AIC e di un formale provvedimento autorizzativo potranno infatti continuare ad essere commercializzati sul territorio italiano.
La procedura, semplificata rispetto al rilascio di una prima autorizzazione, prevede che i dossier dei medicinali (omeopatici e antroposofici) siano presentati entro 6 mesi dalla data di scadenza dell’autorizzazione, quindi entro il 30 giugno 2015 fornendo la documentazione necessaria a garantire la qualità e la sicurezza del prodotto omeopatico.
Secondo i produttori che hanno presentato un ricorso al Tar, l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) “impone burocrazia e costi” tali da compromettere la sopravvivenza del settore. Sotto accusa le tariffe per regolarizzare il mercato come da Direttiva Europea. La registrazione dovrà essere completata entro fine 2015, ma i «dossier», le schede relative a ciascun medicinale da ufficializzare, devono iniziare ad arrivare ad Aifa a ottobre. Le aziende che hanno 2000 ceppi omeopatici in catalogo dovrebbero registrare 57 rimedi a settimana, con una spesa settimanale di 1 milione e mezzo di euro. Dati sulla base dei quali la Fiamo, la Federazione Italiana dei Medici Omeopatici, ha indetto una petizione. Sulla necessità di trovare una soluzione, «premesso che tocca all’Agenzia stabilire quali preparati debbano essere commercializzati», punta anche Federfarma: «Sono molti i pazienti che si rivolgono all’omeopatia».
Riferimenti normativi– Attualmente i medicinali omeopatici sono in commercio in Italia ai sensi delle disposizioni transitorie previste dall’art.20 del decreto legislativo n. 219/06 come modificato dall’art. 13, comma 1, del d.l. 158/2012, convertito con legge n. 189/2012. Pertanto tali prodotti, già sul mercato alla data 6 giugno 1995, possono continuare ad essere commercializzati fino al 31 dicembre 2015, come prorogato dall’art. 6, comma 8-undecies della legge n. 17/2007, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa”.
Trattasi di una vera e propria tassa in conseguenza del decreto Balduzzi che prevede un dossier per ogni ceppo omeopatico che una azienda produce. è una spesa per ottenere l’aic per quel determinato ceppo (arnica per esempio) che verrà prodotto. Anmvi se ne accorge ora, ma il decreto Balduzzi ha messo in allarme il mondo omeopatico già da mesi. Questo è il classico modo per fare cassa quando non ci sono risorse. Per la legge sul farmaco vet , la 193-06 il rimedio omeo è equiparato ai farmaci. Questo è deleterio per le aziende omeo perchè ogni anno devono presentare un dossier per ogni ceppo e questo ha dei costi esorbitanti. Se si pensa che una industria farmaco allopatico produce 20 specialità e guadagna 1000, per le aziende omeo è l’esatto contrario, producono 1000 specialità per guadagnare 20. Sono prodotti diversi in un mercato che però prevede regole uguali. Le aziende omeo con questa ‘tassa’ non potranno più far fronte alla produzione totale richiesta dai vet e medici e utenti. Le conseguenze potrebbero facilmente essere queste: molte ditte toglieranno dalla produzione molti ceppi, riducendo l’arsenale terapeutico a disposizione dei vet e medici e utenti. I prezzi dei rimedi andranno alle stelle. Magari qualcuno si vedrà costretto a chiudere i battenti, soprattutto le ditte medio-piccole con un mercato prettamente italiano. Si concentreranno sulla produzione di alcune specialità, che sono dei prodotti omeo complessi che vanno prescritti per la sindrome (ad esempio: aloe composè per la diarrea, omeogrippe per l’influenza etc etc). Ricordo che le specialità ad uso vet registrate sono circa una trentina a fronte di circa 3000 rimedi unitari possibili per la cura (arsenale terapeutico). Forse l’unica ditta che sta affrontando i dossier di rimedi unitari (ceppi) in numero sempre molto inferiore ai reali bisogni prescrittivi è una multinazionale. Se o può permettere perchè fa molto fatturato a livello mondiale sulle specialità (rimedi complessi) e in tal modo si può permettere di mantenere attivi alcuni ceppi di rimedi unitari. Lo scenario del monopolio del rimedio unitario potrebbe aprirsi facilmente in seguito a questa ‘tassa’. E ciò non fa bene al mercato. Inoltre , visto che il problema sembra essere SOLO italiano, molte filiali produttive potrebbero chiudere in italia, producendo solo all’estero. Alla faccia della tutela del mondo del lavoro! Ma se a me serve cadmium bromatum 200K per un cane affetto da tumore gastrico e reputo per scienza e coscienza che sia la terapia da fare, dove mando il mio cliente a recuperare il rimedio per il suo animale?
Fnovi ha fatto qualche piccolo passo in avanti assieme alle Associazioni Omeopatiche Veterinarie, soprattutto con il contributo attivo e continuo di SIOV, per per il riconoscimento delle mncv. Ma non basta. Qui il è problema è politico. Non basta una legge di tutela delle competenze, bisogna mettere mano alle direttive urgentemente perchè il legislatore italiano che le recepisce sta facendo sfaceli. Anche Anmvi dovrebbe farsi avanti concretamente e dare la notizia della petizione : http://www.omeocom.it/
Staff Olikos