Fonte: informasalus.it – di Prof. Paolo Bellavite
In occasione del congresso nazionale FIAMO ho avuto l’occasione di incontrare per la prima volta personalmente Fritjof Capra, il fisico austriaco che oggi vive negli USA, protagonista di un grande movimento culturale e scientifico che rivaluta e rivitalizza la visione sistemica e dinamica della vita, dalla cellula all’ecosistema. Sono stato sorpreso dal vedere che si sta avvicinando con grande simpatia e interesse all’omeopatia ed egli è stato sorpreso dal vedere che qualcuno qui in Italia ha portato avanti le sue idee e scoperte nel campo omeopatico (non solo il sottoscritto ma molti altri omeopati tra cui brilla il gruppo triestino).
Penso che si tratti di un incontro importante e foriero di sviluppi inaspettati, se come pare egli ci metterà in contatto con i più grandi studiosi della complessità e dell’Istituto Santa Fé. Ma né io né Capra né i triestini da soli possiamo fare molto. Vorrei in questa occasione fare un appello agli omeopati affinché siano più compatti e propositivi, sentano che questa è un’occasione storica che chiama in causa la loro responsabilità nei confronti del mondo intero. L’omeopatia si inserisce nei più avanzati sviluppi dell’evoluzione del pensiero umano portando un bagaglio bicentenario di esperienze e di operatività. Non basta stare “al letto del paziente”, ciascuno nel proprio studio professionale: per quanto sia utile ed importante la cura, non basta. Oggi bisogna partecipare di più e meglio alla diffusione del pensiero e del metodo omeopatico, come l’ho definito si tratta dell’altra faccia della medicina. I simili e i contrari, tutti e due i metodi funzionano ma è scandaloso a dir poco che i simili siano messi in opera e teoricamente sviluppati da una ultraesigua minoranza.
Un qualunque congresso di immunologi oggi raduna centinaia e (se internazionale) migliaia di esperti, un congresso nazionale di omeopatia così interessante come quello di Verona alcune decine. Qui c’è qualcosa che non va, oggettivamente. Il mio appello è: partecipate di più alla avventura della FIAMO, un’associazione che – dimostrandolo in tanti modi e non ultimo nell’incontro con Capra – ha una visione una mission che potrebbero innescare nel mondo medico e accademico italiano una svolta radicale, non appena i tempi siano un po’ più maturi (prepariamoci, che se le idee “passano” negli USA, poi qui saranno scimmiottate dagli ultimi arrivati). La mission FIAMO necessita di molte più persone, necessita di una multidisciplinarietà e di interventi a vari livelli, medico-professionali, accademici, aziendali, politici, economici.
Non ha senso “tirare a campare” ciascuno nel suo piccolo guscio, si poteva comprendere in periodi in cui gli omeopati erano veramente “perseguitati”, ora c’è la libertà, indipendentemente da qualsiasi presunta o attesa liberalizzazione legislativa. Non si può avere alibi. Bisogna partecipare di più ai convegni, scambiare di più esperienze e metodologie, vedere le differenze come possibilità di arricchimento e non occasioni di conflitto, fare più ricerca e pubblicare. Scrivere esperienze sia singole sia di gruppo, con metodologie attuali. Scrivere, scrivere, scrivere. Bisogna “stanare” gli universitari che “già” lavorano sui sistemi complessi, la system biology, la neurobiologia, la psicoimmunoendocrinologia, la biofisica, ecc. far loro capire che l’alleanza è possibile, aiutarli a non sentirsi soli, aiutarli a trovare finanziamenti per le ricerche. Se andate nelle università trovate muri e scetticismo ma anche brecce attraverso cui i muri mostrano la loro impotenza e gli scettici lasceranno il passo a chi capisce la novità. Bisogna “stanare” le aziende omeopatiche e i politici che si conoscono, che ci diano sostegno di qualsiasi tipo possano dare.
Il buon Garattini ormai prossimo alla “pensione” ha co-firmato un articolo pubblicato un paio di mesi fa a nome dell’AIFA in cui dichiara che la ricerca farmacologica convenzionale negli ultimi 20 anni ha fallito (“pochissimi farmaci nuovi, non migliori dei precedenti e più costosi”). Se lo dice lui! Ma lo sanno tutti, che ci vuole un’altra via, solo che non molti hanno il coraggio di cercarla o di crederci. Non siamo “alternativi” siamo “punte di diamante” con alle spalle una tradizione che come tutte le tradizioni va conservata e allo stesso tempo rinnovata (uno dei temi di Capra in relazione ai sistemi viventi – e anche un gruppo sociale è un sistema vivente che può crescere e può morire se non si adatta alla realtà – è che questi sono caratterizzati da conservazione dell’identità pur nel cambiamento). È un compito storico, è un momento propizio.