Fonte: La buona terra (Leggi QUI)
Nei suini biologici i batteri acquisiscono più raramente l’antibiotico-resistenza e lo stesso discorso vale addirittura per gli allevatori.
Con gli antibiotici si combattono i batteri causa di malattie. In seguito a questi trattamenti si selezionano dei batteri che diventano resistenti ad alcuni principi attivi o contemporaneamente a molti. Negli animali d’allevamento la somministrazione di massa degli antibiotici, il cui uso come stimolatori di crescita è stato proibito nel 2006, ha favorito questa situazione. Batteri come le salmonelle o i Campylobacter, che vivono negli animali, possono diventare patogeni anche per gli uomini che si infettano direttamente dall’animale o attraverso i prodotti alimentari di origine animale. I batteri presenti negli alimenti possono trasferire la loro resistenza ai batteri dell’apparato gastrointestinale dei consumatori. Poiché fenomeni di resistenza si stanno verificando sempre più frequentemente, le infezioni sono sempre più difficili da trattare.
Mentre negli allevamenti avicoli è possibile che la somministrazione diretta di antibiotici abbia solo un significato secondario, negli allevamenti di suini la cosa è ben diversa. In questo caso i ricercatori hanno osservato che l’impiego intensivo di antibiotici ha determinato un forte aumento delle resistenze. Anche qui i vantaggi dell’allevamento biologico possono già essere osservati. I dati dell’Istituto Centrale di Veterinaria olandese rivelano che i germi isolati dalle carni di volatili e suini provenienti dagli allevamenti biologici sono meno resistenti agli antibiotici rispetto a campioni analoghi provenienti da animali allevati con metodo convenzionale.
Negli anni passati a causare le preoccupazioni fu la scoperta che non solo i suini sono portatori di stafilococchi resistenti alla meticillina (MRSA), ma anche i loro allevatori. Questi batteri (MRSA), resistenti nei confronti di interi gruppi di antibiotici, determinano le temute infezioni ospedaliere in medicina umana, causa nel frattempo di numerosi decessi.
Il professor Thomas Blaha della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Hannover stima che in più del 50% degli allevamenti di suini in Germania si trovino ceppi di Staphylococcus aureus resistenti alla meticillina (MRSA). A seguito di altri studi il professore e i suoi collaboratori hanno analizzato anche campioni provenienti da aziende agricole biologiche. Il numero dei campioni è troppo basso per poter trarre conclusioni definitive, tuttavia la tendenza è chiara: anche in queste analisi i risultati indicano che i ceppi resistenti sono decisamente inferiori rispetto alle aziende convenzionali. Il professor Blaha interpreta con cautela questi risultati, in quanto è possibile che nella diffusione dei ceppi resistenti giochi un ruolo anche la trasmissione da animale ad animale, determinata dalla densità in una determinata zona. Per questo motivo auspica ricerche più accurate.
I ricercatori olandesi hanno testato non solo i suini ma anche i loro allevatori, trovando che il 50% degli allevatori di suini convenzionali sono risultati positivi agli stafilococchi resistenti alla meticillina (MRSA), contro solo l’11% dei loro colleghi biologici. I ricercatori ipotizzano che ciò possa essere dovuto al basso uso di antibiotici nelle aziende biologiche.
Fonte: “Biohuhn fuer Volksgesundheit”. Bioland 07/2009, 16-17.
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