Su questa piccola sfera che ruota nello spazio e che noi chiamiamo Pianeta Terra, un numero incalcolabile di esseri sperimenta ogni giorno quella straordinaria condizione che definiamo Vita. Una fittissima e complicata rete di rapporti garantisce scambi, equilibrio, salute, malattia, nascita e morte.
La vita è relazione e le relazioni sono sempre dinamiche e variabili, altrimenti non ci sarebbe la possibilità di passare da stati di salute a stati di malattia e viceversa.
Sebbene le relazioni siano in buona parte conoscibili, prevedibili e anche influenzabili, “cosa sia la vita, nella sua vera natura – come ci dice anche Hahnemann – non potrà mai essere accertato o individuato dai mortali”. “Per spiegare la vita umana – continua il Maestro – come pura la sua duplice condizione, cioè la salute e la malattia, sono del tutto inapplicabili i principi con i quali spieghiamo altri fenomeni”.
Allora non ci resta che avvicinarci alla vita per approssimazione e trovare metafore, somiglianze e relazioni. Ecco per esempio quello che pensa H. Bergson in “L’evoluzione creatrice“:
È necessario comparare la vita ad uno slancio, perché nessun’ altra immagine, tratta dal mondo fisico, vale a esprimerne con altrettanta approssimazione l’essenza. Se, nel suo contatto con la materia, la vita è paragonabile a un impulso o a uno slancio, considerata in se stessa, essa è un’immensità di virtualità, un compenetrarsi reciproco di migliaia di tendenze: le quali, tuttavia, saranno ” migliaia ” solo quando verranno rese esteriori le une alle altre, ossia spazializzate.
Poiché la vita è fondata sulle relazioni e le relazioni sono dinamiche, ne consegue che la vita stessa è dinamica e che quindi, per tale motivo, richiede un approccio dinamico.
A maggior ragione, nel complesso rapporto tra i due aspetti polari della vita, salute e malattia, il medico è chiamato a intervenire in un contesto dinamico. Per questo motivo Hahnemann, nel § 186 dell’Organon parla dell’intervento del medico dinamico che contribuisce a portare a compimento l’opera di guarigione. In diversi punti dei suoi scritti, inoltre, ci invita ad essere aperti, disponibili e privi di pregiudizi.
In Esculapio sulla bilancia, Hahnemann introduce il concetto di cura nell’ambito di un percorso esistenziale-evolutivo che porta l’uomo a realizzare il “nobile scopo della vita”. Estendo senza remore questa prospettiva anche agli animali e in generale a tutti gli esseri viventi. Il nostro compito come artisti nell’arte del curare, altrimenti detti medici (veterinari e umani), si arricchisce quindi di nuove sollecitazioni e inedite speranze.
Nell’ambito del dinamismo della vita e del rapporto salute/malattia, il processo di cura che dovrà tendere alla guarigione secondo quel semplice ideale terapeutico espresso nel § 2 dell’Organon, sarà guidato dai noti quattro punti elencati da Hahnemann nel successivo § 3.
Ciò su cui mi interessa soffermarmi è l’atteggiamento dinamico che Hahnemann ci invita ad adottare quando dobbiamo cogliere in profondità, cioè percepire, due aspetti fondamentali dell’approccio alla relazione di cura:
- Cosa dobbiamo veramente curare in ogni caso di malattia;
- Se ci sono delle cause predisponenti, ossia delle privazioni di salute, che devono essere individuate e rimosse (in campo animale molto presenti e spesso pesanti).
In quest’ottica considero gli animali come ambasciatori, soggetti inviati per fornire notizie o informazioni. La radice latina ambactus (servo stipendiato) sembra arricchire ancor più di significato la funzione di servizio che svolgono gli animali in generale. Gli animali, nella loro varietà, costituiscono rappresentanti viventi delle singole specie d’appartenenza. Essi ci aiutano, attraverso il loro linguaggio e comportamento, ad avvicinarci al regno animale, multiforme e plurisimbolico. Ogni animale è portavoce del suo simbolismo, incarnazione della sua virtù e questo crea inevitabilmente una risonanza all’interno di noi.
L’altra importante funzione è quella di educatori per migliorare la comprensione dei meccanismi e delle leggi universali della natura e per aiutarci a capire meglio i nostri errori. A comprendere il linguaggio semplice e spontaneo della natura vivente. Quando l’uomo sbaglia l’animale si ammala. Molto spesso le malattie degli animali sono la materializzazione su un altro piano (fisico) degli errori dell’uomo (piano mentale-emotivo).
Educare deriva da educere, “trar fuori, allevare”, ed è come se l’uomo allevando gli animali educasse (allevasse) infine anche se stesso. L’uomo alleva gli animali e gli animali educano l’uomo. La radice bidirezionale del verbo fa in modo che il processo di educare/allevare scorra in entrambi le direzioni facendo in modo che si instauri una sorta di circolo virtuoso.
Non si può non osservare che educare possiede elementi di similitudine con emozioni (dal latino ex movere = muovere fuori). Gli animali aiutano a canalizzare le emozioni, ad educarle (tirarle fuori) in un modo dolce e naturale, visto che essi sono i primi manifestanti delle emozioni interne attraverso i moti dell’animo (animale: portatore di anima) che a loro volta si esplicitano all’esterno con i moti del corpo (movimenti).
L’uomo che si lascia guidare dagli animali (che segue, alleva), viene aiutato a tirar fuori le sue emozioni e ad evitare che si sedimentino nel corpo producendo blocchi e quindi, se fortunato, facendo emergere sintomi significativi e caratteristici.
La ragnatela di relazioni che sottende alla vita si mostra in una straordinaria varietà di direzioni. La visione ecosistemica della vita e il contributo dell’omeopatia ci consentono di trovare sempre nuovi intrecci e a volte impensabili legami.
Un invito a pensare in termini di relazioni ci giunge da Helena Norberg-Hodgen che così intende la mucca quando si riferisce all’essenza “vuota” delle sostanze:
Quando pensiamo ad una mucca, tendiamo a pensarla come un oggetto distinto, chiaramente definito; e a un certo livello lo è. Ma ad un livello più importante, la mucca non ha nessuna esistenza indipendente; essa si dissolve in una rete di rapporti. L’erba che mangia, la pioggia che fa crescere l’erba, il suolo che nutre i vegetali di cui si ciba e che la sostiene, l’aria che respira; tutto fa parte della mucca. Le compagne con le quali vive, il toro che la feconda, l’uomo che la munge e che la gestisce. In definitiva ogni cosa nell’universo contribuisce a fare della mucca ciò che essa è. Essa non può essere isolata; la sua natura muta di momento in momento, non è mai la stessa. Questo è ciò che intendiamo quando diciamo che le cose sono “vuote”, che non hanno nessuna sostanza.